Il Mureto, aveva composto un'oda in plauso del Carnesecchi e stava in procinto di pubblicarla, se non che, repugnando sconciare i fatti suoi, si consultò con taluni solenni barbassori di santa madre Chiesa, che lo consigliarono pel suo meglio a rimetterla nel fodero; ed egli comechè ciò costasse non già alla sua amicizia ormai svanita, sibbene alla sua vanità, tenne lo avviso. Del pari cadde l'animo allo stampatore Aldo Manuzio amico sviscerato del Carnesecchi, che gli levò al sacro fonte un figliuolo, e nelle collezione delle sue lettere stampata dopo la condanna di cotesto infelice al nome di lui sostituì quello di Pero; anzi nel 1558 costui dettò un magnifico panegirico del suo caro Carnesecchi dedicato al Mureto; più tardi non volendo sopprimere il panegirico, che gli pareva gran cosa, e dall'altra parte aborrendo mettersi a cimento, surrogava il nome di Molini a quello dello amico sventurato; ancora, nella dedica di una edizione di Sallustio al cardinale Triulzio, il Manuzio così favella del Carnesecchi: "Piero Carnesecchi protonotaro; personaggio onorevole, preclaro per virtù e per dottrina facilmente primo su quanti io mi abbia riscontrati nel corso della mia vita", ma nelle edizioni posteriori alla sventura del 1567 nomi e lodi tu cerchereste invano. L'atroce persecuzione durava tuttavia verso la metà del secolo decimottavo, sicchè un Mancurti compatriota del Flaminio, pubblicando certa edizione delle sue opere, giudicò spediente sopprimere le ode intitolate al Carnesecchi, "per non esporsi alla censura della gente, la quale aveva affermato eretico il Flaminio attesa l'amicizia che professava al Carnesecchi.
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