Altre cose potrei aggiungere; me ne passo, chè me piglia insopportabile il tedio alla vista di tanta abiezione(48). -
Dopo il caso del Carnesecchi fu rotto l'argine a Firenze; molti fuggirono, e molti come suoi fautori furono spediti ammanettati a Roma. Gl'inquisitori insanivano; non modo, non discretezza nè garbo: alla rinfusa agguantano dotti ed idioti, e vessano d'interrogatorii: i secondi, sentendosi ricercare sopra i più ardui misteri della fede, restavano come trasognati; li destavano le multe e le minacce di pene maggiori; lo scandalo giunse a tale che il granduca dichiarò apertamente a Roma non avrebbe più oltre patito che del suo stato si facesse così atroce governo. Lo contentarono sostituendo inquisitori più discreti o più ipocriti, pannicelli caldi; ma gl'istituti rimasero inalterati: anco i forestieri andavano soggetti ad infinite molestie e guai a cui non riesciva dare certezza dell'esser suo. Per lo che la Toscana diventava infame presso le genti: nè per questo diminuivano anzi crescevano nel vulgo le credenze superstiziose d'incantesimi, di malie, di apparizioni del diavolo e miserie altre siffatte; e (orribile a dirsi!) pochi mesi dopo la strage del Carnesecchi a Siena furono arse cinque streghe accusate (e la sentenza aggiunge convinte) di avere renunziato al Battesimo, essersi messe in balìa del diavolo ed avere ciurmato diciotto fanciulli. Ludovico Domenichi, prete, assai rinomato nella storia della letteratura per avere dettato se non belli almeno molti scritti, fu posto al tormento; e siccome si ostinava a negare, gl'inquisitori imbestiavano a dilaniarlo; al fine potè più la caparbietà sua che il fratesco furore; fu condannato alle Stinche a vita; donde tratto per favore di Paolo Giovio mutò il carcere in convento.
| |
Carnesecchi Firenze Roma Roma Toscana Carnesecchi Siena Battesimo Domenichi Stinche Paolo Giovio
|