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      ...." Qui lo interruppe Lione dicendo: "Ma, se non erro, i commissari di queste ordinanze sono parecchi: o come potrete voi comandarle tutte?"
      Veramente sono tre, ed havvi eziandio il comandante maggiore Boccella ch'io vi ho detto: ma ciò non rileva; già vi affermai ed ora vi ripeto che gli altri commissari assai deferiscono a me, pure ciò metto da parte; io procurerò che le ordinanze tardino a venire, sicchè la rassegna non si faccia che la sera verso il calare del sole; poi tanto le tratterrò sul prato che, venuta l'ora del chiudere le porte, gli altri commissari, smaniosi di tornarsene a casa per cavare la moglie di pena, se ne vadano pei fatti loro e mi lascino solo.
      Bene sta, soggiunse Lione; ma come vi ripromettete che vi seguitino le ordinanze? Le poneste a parte del disegno, ovvero lo ignorano?
      Ignari tutti, e non vi ha alcuno che non lo sappia; conosco gli animi e le voglie loro, essi i miei, senza parlare c'intendemmo; taluno poi dei caporali saprà quanto occorre a suo tempo: per ora giova che sia così. Ad ogni modo, scesa la notte, io darò loro ad intendere, ed essi ci crederanno o fingeranno crederci, di condurli alla mia villa di Santa Maria in Colle, ma intanto che saremo in cammino mi farò arrivare un cavallaro della Signoria apportatore di lettere che comandino ai commissari andarsene subito subito con tutte le milizie a guardare i confini a cagione di minacciate scorrerie dei soldati del duca Cosimo dal lato di Pisa: a questo modo confido condurre la gente senza intoppo di sorte sul monte San Giuliano, al tutto sprovvisto di presidio; potrei passare anco da Ripafratta, anch'ella indifesa; tuttavia qualche soldato a(54) guardia ci hanno pure messo, ed io intendo arrivare a Pisa inaspettato: nondimanco avrei eziandio provveduto che il colonnello di Camaiore con la sua ordinanza si aprossimasse al monte Quiesa, e quinci costà a monte prendesse la via di Pisa per farci la massa della gente onde volgermi grosso a Firenze quanto più mi verrebbe fatto.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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