- La sentenza era giusta, ma la giustizia o la ingiustizia delle decisioni non importa ai litiganti, i quali non badano ad altro che al danno o al lucro: e il danno tanto più mordeva doloroso Andrea quanto maggiore il fuoco della miseria gli scottava i piedi; e poi per mente accecata qual'era quella di costui c'incastrava benissimo il sospetto che Francesco Burlamacchi gli avesse fatto torto, conciossiachè Agnello gli fosse per parentela congiunto e la sua casa in qualità di avvocato difendesse. Pertanto mossero Andrea Pessino a vendicarsi del Burlamacchi la persuasione di patita ingiuria, la miseria venuta in fondo e la cupidità di rifiorire in auge, sicchè, come vedete, di cause ce n'erano anco troppe: poteva avvertire al danno ch'egli apportava alla patria, ma il Pessini e chi gli rassomiglia non conoscono la patria: anco doveva percotergli la mente la cara immagine dello amico, ma non ci pensò neppure. Calata la sera, se la svigna da Lucca e, tolto a nolo un cavallo, cavalca forte prima a Pisa, poi a Firenze, dove giunto la mattina per tempo senza pure scotersi la polvere da' panni, si presenta al palazzo del duca Cosimo chiedendo con ardente pressa volergli favellare per cosa di stato. Il duca, che, a mo' dei tiranni, massime dei nuovi come lui, dormiva nella guisa dei lepri, ordinò di subito s'intromettesse, ed il Pessini dopo essere stato frugato dal capo alle piante entrò nella stanza, dove a parte a parte espose la trama ordita dal potente ingegno del Burlamacchi; la quale udendo, il duca si turbò nel profondo, pure uso a contenersi fe' vista di dare in risa sgangherate sclamando di tratto in tratto: "Oh che pazzo! oh che grullo!
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