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      A che interrogatori e difese? Col frenello alla bocca si conduca sotto la forca e impicchisi.
      Tu pensa, lettore, qual tremito nei muscoli patissero costoro; come per poco non si sfiancasse nei lor petti il cuore quando mesto sì, ma tranquillo si presentò dinanzi ad essi il Burlamacchi. Egli prevenne ogni disonesta ricerca; chiesto ed ottenuto silenzio, a parte a parte tutta la trama narrò ponendo diligentissima cura nello affermare sè solo colpevole, non avere compagni, anzi averli aborriti perchè fosse tutta sua la gloria della impresa: e parve bene dei magnanimi antichi quando affermò tutto piacergli nel suo tentativo, l'animo, il fine, la stessa morte; rincrescergli, e Dio sa quanto! se dovesse dalla non riuscita averne danno o molestia la sua povera patria.
      Coloro che col Burlamacchi non avevano mai consentito nè consentivano adesso, ammirarono la costanza e la generosità dell'uomo; gli altri non ammirarono nulla e, vie più temendo ch'egli mutasse di proposito, instavano perchè della capitale e meritata pena senza indugio si multasse; ma i primi prevalevano dicendo: Adagio ai ma' passi, e posto il dito giusto sopra la piaga replicavano: Il subitaneo castigo parrebbe vendetta, non giustizia, e peggio ancora gli avversari nostri non senza ragione sospetterebbero: lo hanno morto perchè non parli, sendo tutti tinti della medesima pece. Così mareggiando in diversi pareri produssero la veglia fino alle sei della mattina; allora, sentendosi rifiniti dalla fatica e dalla commozione, deliberarono andare a riposarsi, non però prima di aver preso tutte le cautele affinchè il Burlamacchi, fuggendo, non portasse via il più potente documento della propria innocenza, la vita di lui: ormai avevano compreso tutti come il miglior mezzo di scolparsi fosse levare le mani tinte nel suo sangue gridando: "Non è colpa in noi!


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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