In tanto estremo loro non sovvenne lì su due piedi più sicuro consiglio oltre quello di mandare subito oratori ai principi italiani per giustificare la città e tenerseli bene edificati, sicchè tosto ne spedirono a Napoli, a Roma, a Genova, a Ferrara, a Bologna ed a Mantova: più solenne ambasceria fecero allo imperatore, nè trascurarono il concilio di Trento, presso cui ebbero difensore interessato sì ma efficace il cardinale Guidiccioni. Però sopra gli altri premeva Cosimo; onde statuirono spedirgli il più astuto dei loro cancellieri, e tale giudicarono che fosse Gherando Macarini: ancora mandarono significando ai cittadini lucchesi i quali o per ragione di mercatura o per vaghezza ovvero per ufficio si trovavano sparsi pel mondo che, per quanto avessero cara la patria e la grazia del senato, attestassero presso principi e repubbliche della innocenza della repubblica nello attentato del Burlamacchi; così i Lucchesi studiavano purgarsi dalla partecipazione del gesto generoso con la solerzia che il reo mette a scolparsi del delitto. I Lucchesi eseguirono il comando del senato con amore, se con frutto non so; fecero quello che i nostri diarii fanno, però gratuitamente, la quale cosa i nostri moderni diarii non fanno.
Il cancelliere Macarini, giunto alla presenza di Cosimo, con prolisso discorso gli espose lo accaduto; il quale dopo ch'egli ebbe udito con singolare pazienza, rispose: "Lo sapeva; la è stata una follia, una cosa da non darsene pensiero: non ci ha mestieri sforzo di fede per andare persuasi che i Signori lucchesi, così compassati, usi a non movere passo senza il pegno in mano, volessero ficcarsi giù a scavezzacollo in siffatto selcieto.
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