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      - Questo suo primo esame conchiuse affermando che la sua impresa, se la non si fosse scoperta, sarebbe riuscita per fermo, ed a giudizio suo oggi lo crede più che mai.
      Fin qui sembra che non adoperassero tortura; a questa ricorsero il primo di settembre: in quel dì egli confermò le cose già dette, altre ne aggiunse le quali riferimmo nel capitolo antecedente; negò risoluto aver complici; interrogato se unendosi agli Strozzi avesse concepito qualche convegno di spartirsi con esso loro la Toscana, risoluto risponde: "No mai, era mio intento metterla in libertà e conservarla con la buona voluntà del popolo, e esso disegnava vivere da cittadino privato."
      Apporta inestimabile contentezza all'animo del lettore contristato da tanti esempi di odierna viltà la bella natura di Francesco, che, di nulla pensoso tranne della cara patria, a cui teme riuscire troppo molesto, si studia purgarla da ogni sospetto di connivenza con lui, sicchè in mezzo ai tormenti attesta: "solo di questo avere assicurato il priore di Capua, che, quando si fosse venuto al menar delle mani, la città di Lucca era necessitata favorire la impresa con armi e con denari, perchè non si saria potuta giustificare che senza il consenso suo si fosse mostro un tale accidente.
      Restituito in carcere, chiese ed ottenne dai padri facultà di scrivere; al quale scopo gli furono concessi due fogli, dove vergò due lettere una per Carlo V imperatore e l'altra pel gonfaloniere e gli anziani: della prima non occorre nei nostri archivi vestigio nè vi si può trovare, perchè fu lettera segreta e diretta allo imperatore: tuttavia ci è dato argomentare che cosa contenesse; imperciocchè, interrogato nel 3 settembre dagli esaminatori sul tenore della medesima, rispose che dove gli fosse riuscito il disegno di unire insieme la Toscana, egli si sarebbe condotto, ovvero avrebbe o mandato o scritto a S. M. lo imperatore per pregarlo di venire dalle parti di qua e vedere di mettere un po' a sesto le faccende della Chiesa, riformandola dai molti abusi che ci sono e riducendola ad uniformità di opinioni; il che poteva riuscirgli con levarle l'entrate lassandole godere a quelli che l'havevano adesso, e doppo la morte loro l'applicasse o al pubblico o a sovventione di poveri segondo che li fusse parso meglio, che questo harebbe contentato gli Alemanni e riduttoli alla obbedientia sua, li quali non desideravano altro.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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