Silvestro Trenta fratello di Caterina moglie di Francesco consigliò la desolata di andare a gettarsi ai piedi di Cosimo per impetrare la grazia del marito; il Minutoli scrive che la donna prima implorasse e ottenesse il patrocinio della madre di Cosimo, mentre il Mazzarosa afferma che non alla madre si rivolse ella, bensì all'amica, forse la Cammilla Martelli; ed io credo l'ultimo perchè la voce della madre suona potente, ma nei cuori disposti a bontà, mentre per una ragione o per un'altra anco i tristi si commovono talora alle supplicazioni dell'amante. Cosimo però spettava alla specie dei rarissimi presso cui l'amante conta poco, la madre nulla; onde, infastidito per le istanze reiterate delle donne, le respinse borbottando: "Badassero ai fatti loro, chè gli stati non si governano con la pietà delle lagrime donnesche."
Non aveva l'imperatore graziato la supplica dei Burlamacchi nè l'aveva respinta; ed essi vivevano di quella vita atroce che or teme ed ora spera, e così allo spirito come al fisico fa lo effetto di cui con subita vicenda passa dallo ardore al gelo; noiosa allora diventa la mensa, sazievoli i familiari colloqui, il letto siepe: si strinsero insieme tutti e risolverono tentare gli estremi conati perchè Francesco, uscito dal castello di Milano, potesse ricoverarsi in Francia: di denari non si facesse a spilluzzico, quello che ci voleva si spendesse; dove era andata la galera andasse il brigantino; il punto stava nel trovare gli arnesi. Come s'ingegnassero non è noto: nella storia di Antonio Mazzarosa occorre un cenno di questo caso là dove scrive che fu avviso toccare più potente molla che le lacrime donnesche non sono, vale a dire l'oro, ed avrebbe sortito esito propizio se per mero errore non fosse stata sospesa l'accettazione della lettera di cambio; per la quale cosa perduto il momento, non si potè più riagguantare la occasione; ed io, volendo chiarire il senso oscuro di siffatte parole, ho rinvenuto nelle Memorie delle famiglie lucchesi, opera che si conserva manoscritta nella biblioteca di Lucca, dettata da Nicolò Penintesi, i particolari della fatale ventura, e come gli ho ricavati così gli scrivo.
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