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      Il mio vangelo filosofico era la Filosofia della rivoluzione del povero e grande Ferrari; e in questo forse ho cambiato poco. Potete dunque immaginare il gusto che mi dettero poi le lodi prodigate all'abate Zanella! Badate bene! Se il timor di Dio messo in versi mi fa sempre press'a poco lo stesso effetto, non giudico più così sfacciatamente in cose d'arte. Voglio solo dire che allora l'odio al romanticismo cristiano e cattolico mi accecava e mi faceva giudicare colla ferocia sanguinaria di un antropofago.
      La sera, prima di andare a letto, facevo dei versi.
      Li facevo in pantofole e ci si sentiva. In quelle crudelissime poesie ingiuriavo atrocemente la Trinità ed il resto. Traducevo La Guerra degli Dei del Parny, Voltaire mi pareva fiacco e, quando trovavo qualche cosa che non mi andava a verso, picchiavo coi pugni sul tavolino e insolentivo l'autore ed i suoi ascendenti in linea mascolina e femminina in perpetuo. Non mi consigliava nessuno e da nessuno avrei accettato consigli. Avrei scaraventato subito il volume dell'Aleardi in faccia al saggio Mentore in persona. Non si è giovani per niente.
      In quell'anno venne fuori il Levia Gravia del Carducci. Non conoscevo l'autore nemmeno di vista e, quando lo conobbi, mi diede sempre tanta soggezione, che ci sono voluti dieci anni di amichevoli ed intime relazioni prima di decidermi al tu confidenziale. Anzi fu lui che, poveretto, cominciò col tu, ed anche nei suoi ultimi giorni, se parlavamo sul serio di letteratura o di storia, mi scappava quel lei riverente.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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