Ivi, proprio sulla spina dell'Appennino, proprio dove le acque si dividono per scendere all'oriente nell'Adriatico, all'occidente nel Mediterraneo, intirizziti dal venticello dell'alba, attendemmo la nuova guida, un operaio di Verghereto, che ci doveva condurre a Monte Coronaro. A poco a poco ci si vedeva meglio e nel versante toscano discernevamo il verde cupo dell'abetìo, mentre giù, nel romagnolo, la vallata più aperta e più nuda si colorava di toni grigiastri e freddi. Il monte Comero ed il monte Fumaiolo si disegnavano nettamente nel cielo di un bianco azzurrognolo, e lungo i loro fianchi si distinguevano le larghe chiazze bige impressevi dalla sterilità.
E lungo il crine dell'Alpe di Serra, volgendo colla nuova guida al sud-est-sud, ripigliammo il viaggio. Il mattino era desto, e guardando giù tra i faggi, vedevamo le pecore nei prati verdi salire al pascolo e ci pareva d'essere in Arcadia. L'egloga era dappertutto e l'idillio cantava dentro di noi. Quanto era lontana la città colle sue vie roventi, colle sue botteghe che soffiano l'afa, co' bugigattoli dove s'arrostisce vivi! Quant'erano lontani i caffè asfissianti, i teatri ribollenti, gli uffici, le mosche, i telegrammi Stefani! Arcadia! Arcadia! E ci tornavano in mente versi di Virgilio e di Iacopo Sanazzaro, strofe di Andrea Chénier che non sapevamo di ricordare. E laggiù, dall'orizzonte rosso, prorompevano fasci di luce gialla e le cime si coloravano, e i monti, gli alberi, i prati si destavano in un inno di gioia e di resurrezione.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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