Tutte le mosche, delle quali all'aria aperta avevamo osservata e benedetta l'assenza, tutte le mosche erano convenute nell'ampia cameraccia dell'osteria, forse a celebrare un centenario od eleggere un deputato. C'erano tutte e ronzavano lente, solenni, con una nota profonda e continua, attorno all'ostessa, donnona un po' flaccida che faceva gli occhi di pesce cotto ad un giovinastro fra il giallo e il livido. Presso la cappa del camino, sopra un alto seggiolone, sedeva un povero diavolo, giovane ancora ma curvo e disfatto, con due occhi che parevano buchi con una scintilla in fondo.
Serrava tra le ginocchia le mani stecchite e chinava sul petto la barba nerissima. Era il marito dell'ostessa e la gelosia non lo rodeva, ma la febbre maremmana. Nel pieno vigore dell'età e della forza si sentiva ardere e consumare il sangue dentro e con un accento di cupa malinconia ci contava gli stenti della maremma dove scendeva nell'inverno a fare il guardiano per non so qual principe. Di quando in quando un tremito ed una contrazione spasmodica delle mascelle gli strozzavano il discorso nelle fauci e allora fissava gli occhi profondi nei carboni accesi come se ci vedesse qualcuno. L'ostessa intanto, piena di una mobilità nervosa, ammanniva il nostro desinare scherzando ed occhieggiando col cicisbeo, mentre in un angolo la sua figliastra, piuttosto belloccia, filava tutta pensierosa e seguiva ostinatamente cogli occhi le evoluzioni degli innamorati, senza aprir bocca mai, senza scomporre la seria immobilità del volto.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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