Così ci fu spiegato come si possa vegetare su questi monti di cenere arida. I maschi scendono ad avvelenarsi in maremma, e le femmine, prima che siano morti, passano a seconde nozze.
Dopo il pasto frugale gli amici miei si buttarono su certi aculei che a Monte Coronaro chiamano letti. Io che di giorno non posso dormire, volli sedermi sullo scalino dell'uscio, ma le mosche, le quali fin dal pranzo ci avevano intimata una guerra feroce, o fosse per un odio particolare verso di me che non le posso soffrire, o perchè vedendomi solo stimassero più facile la vittoria, mi furono tutte addosso come ad una... no, come ad un vaso di miele. Io poi che non mi lascio posar mosche sul naso, reagii vigorosamente; ma stavo per soccombere al numero, quando un'ombra nera mi intercettò la luce. Alzai gli occhi come Diogene, ma invece di Alessandro vidi il piovano.
Mi parve un buon diavolo, modesto, premuroso, ma un po' duro di orecchio; e mi pregò, quando i compagni fossero levati, di condurli a bere il caffè da lui. Ringraziai e se ne andò contento. Interrogai gli indigeni per sapere, così senza parere, se facevamo bene o male andando, e le informazioni furono favorevoli. Del resto egli era in paese da pochi giorni. Il suo predecessore, buon diavolo anche lui, aveva avuto una gran debolezza pel fiasco, e i buoni parrocchiani mi raccontarono che in una notte oscura, dovendo portare i sacramenti ad un infermo lontano qualche miglio, un po' pel buio, un po' per l'estratto d'uva, rotolò malamente in un burrone co' sacramenti addosso e si fiaccò l'osso del collo.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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Monte Coronaro Diogene Alessandro
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