Il cardinale Antonelli dichiarava essere "l'integrità del dominio temporale della Santa Sede essenzialmente connessa col libero esercizio del supremo pontificato"; e Pio IX, esser dovere del suo gravissimo ufficio ed obbligo di solenne giuramento "fortemente difendere i diritti e i possessi della Chiesa Romana e costantemente sostenere il principato di questa Apostolica Sede e trasmetterlo intero ai nostri successori come patrimonio di S. Pietro". Si sostenne insomma la tesi della inalienabilità. Il Papa che cedesse sarebbe spergiuro. Non si può. Non possumus.
Ora si domanda: chi era in errore? Il Papa di allora o il Papa di adesso? Sbagliava Pio VII o Pio IX?
Eppure erano ambidue infallibili, a meno che non voglia dirsi che non pronunciavano intorno alla fede ed ai costumi; dal che verrebbe che alle affermazioni intorno al poter temporale si possa negar fede e tutti sanno come il Concilio Vaticano stava per farne un dogma.
Un Papa dunque riteneva il dominio temporale come una proprietà libera ed alienabile e ne disponeva obbligando anche i successori: l'altro riteneva invece di aver l'usufrutto soltanto, di godere un fidecommesso e di non poter disporre in modo alcuno della proprietà, che, per obbligo di coscienza, doveva esser trasmessa intatta ai successori. La contraddizione tra questi due infallibili è come quella che passa tra il bianco e il nero, tra il sì ed il no. Chi ha, torto?
Gli eventi ed i popoli hanno sciolto per conto loro la quistione in modo che la domanda sembra più che inutile, ridicola.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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