Quante sono le belle madonne del quattro e del cinquecento che non portino in braccio il bimbo testimonio della loro santa maternità? A questa mite e umana immagine si rivolsero più volontieri i pittori ed i poeti. Confrontate il terribile Dio del Savonarola colla benigna Maria alla quale il Benivieni esclamava con tanta piena d'affetto:
Vergine gloriosa,
umile, santa e pia,
madre, figliuola e sposadel tuo figlio, o Maria,
deh volgi, prego, alquantogli occhi tuoi da quel bene d'ogni bene.
In noi discendi e il piantola miseria e le pene
vedi del servo tuo che a te sospira,
a te, fonte d'amore,
perchè in te sola il corespera, in te sol si posa, in te respira.
Tu, madre di pietate,
pelago di dolcezza,
tu, specchio d'umiltate,
fior d'ogn'altra bellezza,
tu, porto di salute,
tu, refugio dei miseri mortali,
tu, fonte di virtute,
sola dei nostri malisei medicina e però a te ricorro,
che le tue sante maniin me ne stenda e sani
la piaga onde ferito a morte or corro.
Ah, chi scrive versi come questi, ama e crede veramente! Quanti oggi si protestano credenti e scrivono versi? Eppure quanti sanno trasfondere nell'opera loro tanta intensità d'affetto, tanta abbondanza di fede e d'amore? Se sapessero e se potessero scrivere così, chi parlerebbe più di Voltaire? Invece un poeta di conto e sinceramente religioso, Giacomo Zanella, canta che in noi la religione non è oramai più che il ricordo dell'amor materno e in essa non cerca più che la pace, e la chiama:
Aura impregnata del salubre timoDe' chiostri antichi e dell'occulta manna,
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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Dio Savonarola Maria Benivieni Maria Voltaire Giacomo Zanella
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