Andiam che la via lunga ne sospinge; ed eccoci ai due ultimi cantori del Natale, l'Arici e il Manzoni. Si ricorda Ella come il povero Jacopone pensasse a tutto fuor che al mondo nelle sue ingenue poesie? Ecco invece che in questo secolo ci si pensa anche a proposito del Natale. Per l'Arici e pel Manzoni questa solennità è fonte di pensieri civili più che religiosi: anch'essi nella religione cercano la pace piuttosto che Dio.
L'Arici canta:
Dall'alto de' cieli librandosi a voloSui vanni fiammanti, l'angelico stuolo
Tre volte al Signore la gloria cantò.
Tre volte iterando beate canzoni,
Diffuse l'annunzio, la pace de' buoni,
La pace che togliere il mondo non può.
Ed il Manzoni si rallegra perchè
Dalle magioni etereeSgorga una fonte e scende,
E nel burron de' triboliVivida si distende;
Stillano mele i tronchi,
Dove copriano i bronchiIvi germoglia il fior.
Desiderio di una palingenesi che per ora non sembra vicina.
Eccoci partiti dall'umiltà di cuore per giungere agli auguri di pace terrena; eccoci partiti dalla religione pura per giungere alla religione applicata, passando gli stadi mezzani del petrarchismo, del seicentismo e dell'Arcadia. Pure dai vagiti della poesia italica del frate da Todi, fino al canto del cigno della poesia cattolica sciolto dal Manzoni, il Natale, come fatto, come mito, come credenza, è sempre rimasto quello. Ma ogni secolo lo vide a suo modo e gli diede quella forma d'arte che gli parve migliore. Eccole dunque l'evoluzione e la conferma dell'aurea sentenza inscritta sui boccali di Montelupo che Le dissi da principio.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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