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      Ne ho una memoria confusa, ma il clou stava in questo, che il maestro cercava un tesoro, e un idolo, percotendo un campanello, glielo indicava. La scena era in China e l'idolo ero io.
      È legge teatrale e filodrammatica che i Chinesi si distinguano dal resto della umanità pei lunghi baffi pioventi e il cappello a paralume. Così fui truccato io e messo a sedere colle gambe incrociate sotto un tempietto portatile, della stessa architettura del cappello. Avevo nella sinistra un campanello da orologio e nella destra un martellino metallico che finiva - lo vedo ancora - con una piccola pallottola poco più grande di un fagiolo.
      S'intende che alla mia età, poco pratico di battute, mi regolavo coi cenni che mi faceva don Gamberini dalle quinte; quel don Gamberini, Dio glielo perdoni, che m'insegnò a far versi!
      La sera dello spettacolo fui dunque portato in palcoscenico. Il maestro cercava affannosamente il tesoro e, quando fu presso ad un pozzo di cartone, don Gamberini, alzando al cielo due sterminate braccia, mi dette il segnale. Picchiai sul campanello usando la pallottola come mi pareva più logico, ma il suono era debole. Don Gamberini diceva "più forte" ed io, con un di quei lampi di genio che illuminano le menti privilegiate, rivoltai il martello e cominciai a picchiare dalla parte del manico. Il maestro scese nel pozzo di cartone per trovare il tesoro e don Gamberini mi disse "basta".
      Ma io ci avevo trovato gusto e picchiai così bene che il campanello di acciaio si ruppe come il vetro e l'idolo chinese restò privo delle insegne della sua professione.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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