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      Mettetevelo in mente voi che vi guardate la lingua, vi tastate il polso, seccate il medico e ingrassate il farmacista. Andate in bicicletta coi figli e dopo un mese digerirete le cipolle crude.
      Ve lo dico io.
      A LORETOSalimmo il colle di Loreto in un giorno rovente di Luglio, sotto le vampe del sole meridiano, nel barbaglio bianco della via che bruciava, assordati dallo stupido ed ostinato frinire delle cicale furibonde. I gelsi spogliati, le stoppie arse e gialle e le siepi immobili sotto un velo di polvere densa, parevano attendere la morte, immersi nel profondo torpore dell'agonia. Le sole vestigia della vitalità umana apparivano lassù, in cima al colle, dove si alzava arcigna l'abside merlata del tempio dominatore, come una rocca fortificata contro un nemico invisibile, minaccia di offese e di sangue contro l'insorgere delle ribellioni. Pareva che sotto alla croce stesse in agguato il cannone e che le campane sonassero a stormo. Non ci appariva il tranquillo aspetto della fede, ma il viso ferreo, il cupo terrore della forza.
      E salendo sempre, ogni passo era una rivelazione ed un incanto. Prima l'ondeggiar sinuoso delle colline feconde, simili a curve procacità di donne giacenti: poi le valli verdi, dove, sotto le lunghe file dei pioppi lontani, s'indovinava la frescura delle acque chiare e, finalmente, nell'orizzonte luminoso la striscia violacea dell'Adriatico seminata di vele bianche, come se Venezia vivesse ancora e i capitani della Repubblica cercassero nuove vittorie sull'onda fedele, sposata dall'anello del Doge; e nella serenità del cielo, nel verde delle valli, nell'azzurro scintillante del mare, trionfava la gioia, palpitava la bellezza d'Italia.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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