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      Lo stesso Giudice Avena che gli motivava per ironica compassione le sentenze, sarebbe stato promosso prima di lui! Qualche iettatura (ci credeva) doveva pur esserci. Non aveva certo la pretesa di esser un'aquila, ma nel nebbione delle idee tarde e crasse gli pareva di capire che anche nei gradi più alti c'erano degli imbecilli più imbecilli di lui. Ricordava certe sentenze, certe porcheriole, certe transazioni colla coscienza che egli non avrebbe mai firmato. Solo in una cosa si sentiva poco imparziale ed era quando l'accusato non sentiva bene della Religione e, peggio poi, se ne aveva offeso la Gerarchia. Allora non ci vedeva più e il vecchio seminarista sciabolava pene per dritto e per traverso, persuaso che Dio e i quattordici santi del suo scrittoio glielo avrebbero scritto a merito per la vita eterna.... e per la promozione.
      Ma intanto di promozione non si parlava. Aveva scritto al Comm. Liborio Chiavone, suo antico condiscepolo di Seminario ed ora pezzo grosso al Ministero di Grazia e Giustizia, dove si occupava più degli affari della Madonna di Pompei che di quelli dello Stato. Don Vencenzì aveva intravvisto, dietro le suggestioni velate del Commendatore, che la Madonna di Pompei ha le braccia lunghe e perciò ogni Bollettino della Pia Opera recava il suo nome e una modesta offerta. L'imagine pompeiana teneva il primo luogo nella sfilata degli Dei Lari sull'asse dello scrittoio e da qualche mese il povero Presidente raddoppiava la offerta. Ma la promozione non si vedeva e in certi momenti dagli angoli della bocca di Zì Marù colavano le bave dell'idrofobia.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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