Si sentiva la gente che passava ridendo, giù, per la strada e a Don Vencenzì pareva che ridessero di lui come sghignazzava il pubblico quando gli avvocati gli dicevano in faccia che non capiva niente. Oh, come riderebbero domani in Cancelleria! E si sentiva umiliato, avvilito dalla confermazione brutale e pubblica della propria asinità. Nello stesso silenzio penoso, sentiva la presenza formidabile dello sprezzo, incarnato nelle laide forme della sua donna iraconda.
Ed ora travedeva, così in barlume, nella nebbia della coscienza semispenta, la miseria propria e la stoltezza di chi aveva affidato alla sua ignoranza supina ed alla sua intransigenza di gesuita, gli averi, la libertà, l'onore dei cittadini. Gli tornavano in gola certe sentenze malvagie in cui aveva coscientemente negato, offeso, vituperato il buon diritto altrui per livore confessionale, per rabbia di clericalismo. Qualche punta di rimorso lo feriva e, pur consolandosi perchè se n'era confessato e n'era stato assolto e perdonato, nondimeno ne provava un po' di amaritudine.
Ma ad un tratto il campanello squillò e si udirono di nuovo i latrati di Gerundio e le ciabatte della serva. Era un telegramma e Don Vencenzì, unico in casa che sapesse scrivere il suo nome, firmò frettolosamente la ricevuta ed aprì la carta gialla con le mani tremanti. Nella sua anima superstiziosa, dopo lo sproposito dell'aborto, era rimasto il terrore di nuovi guai e la persuasione che tutto in quel giorno gli dovesse andar male. Egli che scaraventava le sentenze così a cuor leggero, temeva che quel foglietto contenesse una sentenza; ma, fattosi coraggio, dopo averlo letto alla meglio, diventò rosso come il belletto e lo tese a Zì Marù stridendo con la sua voce di cappone stonato: "Leggi, leggi, Zì Marù!" Ma Zì Marù aveva le sue buone ragioni per non leggere ed allora Don Vencenzì declamò il testo del telegramma che diceva:
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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