E non pensavo più, nemmeno come a prossimo, al Vescovo di Faenza, quando i giornali di qui annunziarono che Monsignore aveva querelato il "Lamone" e che i versi della "Sbolenfi" erano compresi nella querela. Prima restai sorpreso e poi mi dissi che, se fosse stato vero, o gli amici o gli uscieri me l'avrebbero fatto sapere. Mi strinsi nelle spalle e non scrissi nemmeno a Faenza per informarmi. Se Monsignore non me lo vietasse potrei provare anche questo.
E seguitai a non pensarci più quando, così all'improvviso, mi giunse il mandato di comparizione davanti al signor Pretore, e quel che ne seguì, l'ho detto più sopra.
Eccomi dunque, imputato, a cercare un esemplare dell'infelice sonetto e a sottoporlo alla critica degli avvocati e dei procuratori più competenti che io mi conoscessi. Mi ridevano in faccia, forse perchè avvezzi a questioni ben più gravi e i discorsi finivano in barzellette, tanto a loro pareva misera e piccina la faccenda che portavo in giro. Ma a me premeva e preme. Ho cinquantatre anni e non ho mai seduto sullo scanno degli accusati nemmeno per una contravvenzione. Non dico certo che ne provassi agitazione soverchia, poichè in fondo era forse più una stilettata di partito che di persona e le condanne politiche nella opinione pubblica non disonorano. Ma insomma stavo in una certa perplessità, tanto che finalmente scrissi a Faenza, di dove ebbi la conferma della querela data in pompa magna e collettivamente.
E intanto sentivo certi discorsi di persone clericali ed ebbi anche visite di preti.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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