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      E non altro, non altro.
     
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      Ma è pur forza lasciar andare tutto questo, che, se spiega la mia condotta e la mia intenzione, non è campo dove Monsignore mi sfidi a combattere poichè non mi ci potrebbe interdire l'uso delle armi. Ed è pur forza scendere a discutere intorno a quel povero sonetto che serve di pretesto alla persecuzione ed a qualche cosa d'altro. Ma come potrei fare a discuterlo senza citarlo? E Monsignore non mi querelerà come recidivo, raddoppiando la richiesta della multa? Non ne rimarrei troppo sorpreso, benchè sia certo che Ella e il Tribunale vedrebbero bene che qui non è il caso di animus iniuriandi, ma di imprescindibile necessità di giusta difesa. Comunque, eccole l'infelice sonetto.
      PARLA IL PASTOREOboli, eredità, feste, novene,
      Centenari, suffragi e giubilei,
      Fulmini ai framassoni ed agli ebrei,
      Ogni cosa mi frutta e frutta bene.
      Lo Stato mi protegge e mi sostiene,
      Nessun s'impiccia degli affari miei,
      Avrò il cappello prima del Iaffei
      E del resto accidenti a chi ci tiene.
      Ah, come rido quando sento il chiassoE il balordo furor degli affamati
      Che si quieta coi viva e cogli abbasso!
      Io toso intanto e fo tosar dai fratiQuesto mio gregge mansueto e grasso
      Di pecore, di becchi e di castrati.
      ARGIA SBOLENFINon ho più il numero del "Lamone" dove questo orrendo delitto, questo reato abominevole, fu stampato. Cito sopra l'abbozzo che trovo tra le mie cartacce e può darsi, ma non credo, che qualche parola non combini. Non gridino però, se ciò fosse accaduto, che ci sia alterazione od attenuazione meditata e voluta.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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