Senta; io e Lei, Onorando Signore, serviamo onestamente lo Stato e l'opera nostra è rimunerata colla lana dei contribuenti. Ma se alcuno lo dicesse o lo stampasse, ci quereleremmo noi ai Tribunali.... senza accordare le prove?
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E siamo, se Dio vuole, all'ultimo verso, il più amaro ma il meno brutto di tutti gli altri. Dice:
Questo mio gregge mansueto e grassoDi pecore, di becchi e di castrati.
In queste ultime parole suppongo che Monsignore voglia ravvisare una ingiuria al gregge che degnamente governa; anzi suppongo che, valendosi della legge, come capo gerarchico di un corpo non costituito in collegio, mi quereli per ciò. Ma io in via pregiudiziale gli nego assolutamente il diritto di farlo.
Se io avessi accusato il suo gregge faentino d'essere un branco di miscredenti, di atei, di eretici relapsi, avrebbe forse ragione. Il suo ministero tutto spirituale si estenderà sino a difendere i fedeli dalle accuse di tiepida fede; lo voglio concedere. Ma non ammetto e non concederò mai che l'autorità spirituale possa e debba farsi tutrice e vindice dell'onor coniugale e della integrità genitale dei credenti. In caso, il mandato spetterebbe piuttosto al Signor Sindaco di Faenza. Torno quindi a negare recisamente al Vescovo il diritto di querelarsi per parole non dirette a Lui ed affatto estranee al ministero che egli esercita, sia pure per placet sovrano.
E così il piato finisce in tronco. Ma poichè mi sono negate le prove, non pel Vescovo, il quale non vuol essere chiarito, ma vendicato e compensato; non per l'attore che stimo carente di ogni azione verso di me per questo capo, bensì per chi non si acquetasse così subito al mio risoluto e giusto diniego di discutere questo punto impertinente alla causa, aggiungerò poche parole.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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