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      Solo, secondo il costume, riassumerò la cosa in breve e riporrò sotto gli occhi della Ecc.ma Corte, per comodo suo, il sonetto pel quale sono qui in veste di accusato come ingiuriatore.
      Celebrandosi in Faenza con molte pompe sacre e profane un Giubileo di quel Vescovo Monsignor Gioacchino Cantagalli ed il centenario di San Pier Damiano che, con comoda cronologia, si faceva cadere circa al venti settembre a contrasto e dispetto di chi festeggia quella data per altre ragioni, un amico mi scrisse che, in quella occasione, il giornale il Lamone avrebbe stampato un numero a posta e mi chiedeva qualche verso adatto alla circostanza.
      Assediato spesso da simili richieste, mio primo pensiero fu di sbrigarmela per una scappatoia ed avevo preparato un sonetto, quando mi sovvenne che il Lamone non andava troppo d'accordo con Monsignore. Non avevo mai letto un numero di quel giornale ed il primo che vedessi in vita mia fu appunto quello del 25 Settembre 1898, cioè il numero querelato; ma, essendo io romagnolo, l'eco delle divisioni e delle parti faentine m'era giunta all'orecchio. Delle armi usate nella lotta non conoscevo (non sul testo, allora) altro che la scomunica fulminata dal Vescovo al giornale e a chi lo legge, e mi pareva uno strano modo di combattere lealmente e ragionevolmente le idee, quello dell'imporre silenzio colla violenza e la maledizione.
      Certo tutte le mie simpatie erano pel Lamone, date le antiche, profonde e sincere convinzioni mie anticlericali; ma la furia di Monsignore, il suo bellicoso ricorrere alle armi di quel fanatismo punitivo che sta alla religione come la gelosia sta all'amore, mi misero in sospetto.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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