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      Ben altre informazioni sulla condotta di Monsignore durante i torbidi di Faenza, sul suo carattere, su molti suoi atti e persino sulle vicende intime della sua famiglia, mi furono inviate da chi le poteva sicuramente dare; ma siccome era stato appunto per non cadere, insciente, nella personalità che mi ero informato, così dopo le informazioni, misi da parte il sonetto vecchio e le notizie nuove, contento di aver trovato l'ubi consistam generico, inoffensivo, nel tipo, nel simbolo del mio Vescovo contento del suo felice stato. E sotto l'imperio di questa idea composi e spedii all'amico perchè lo portasse al Lamone, questo infelicissimo sonettoPARLA IL PASTORE
      Oboli, eredità, feste, novene,
      Centenari, suffragi e giubilei,
      Fulmini ai framassoni ed agli ebrei,
      Ogni cosa mi frutta e frutta bene.
      Lo stato mi protegge e mi sostiene,
      Nessun s'impiccia degli affari miei,
      Avrò il cappello prima del Jaffei
      E del resto accidenti a chi ci tiene.
      Ah, come rido quanto sento il chiassoE il balordo furor degli affamati
      Che si chetan coi viva e cogli abbasso!
      Io toso intanto e fo' tosar dai fratiQuesto mio gregge mansueto e grasso
      Di pecore, di becchi e di castrati.
      E poichè il sonetto mi parve proprio nato invita Minerva, lo sottoscrissi col pseudonimo riservato a firmare le cose mie peggiori: «Argia Sbolenfi».
      Quando scrissi e spedii questa sconciatura, il numero del Lamone non solo, com'è naturale, non era stampato, ma forse nemmeno scritto ed io, di qua, non potevo certo imaginare quel che ci avrebbero messo dentro, tanto più che non ne avevo mai visto altri.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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