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      E che c'entrano qui Nerone e Caligola? Se le turbe sollevate che parevano recar nelle loro fila lo sconquasso e la morte per tutta Italia, si contentarono di poche grida, si chetarono soddisfatte dell'aver vociato, non si potrà, non si dovrà ridere? Ma che c'entra qui il dileggiare chi soffre la fame? Tanto è vero che il buon Pastore non ride degli affamati ma soltanto del modo ridicolo col quale si sfogano e si chetano le loro turbolenze, che il loro clamore è detto chiasso e il loro furore balordo. Come? Enormità morale il ridere di una ribellione che termina in una chiassata? Atroce ironia, cinismo feroce il ridere della balordaggine che si contenta di grida e con quelle cheta il proprio matto furore? Linguaggio velenoso e simili vergogne il ridere di tali balorde ridicolosità ed esclamare coll'Apostolo: «Dicentes enim se esse sapientes, stulti facti sunt?»
      Al tempo di Luigi Filippo una delle solite dimostrazioni chiassose e pericolose turbinava non so in qual piazza. Il maresciallo Lobau per scioglierla non ricorse alle armi. Fece venire i pompieri e con pochi ma persuasivi getti d'acqua fredda liberò la piazza e fece scappare i dimostranti. Evento risibile, non meno di questo di cui ride il mio Pastore. Ora, chi avesse posto in bocca all'Arcivescovo di Parigi questi bruttissimi versi:
      «Ah come rido quando sento il chiassoE il balordo furor degli affamati
      Che si chetan coll'acqua e colle pompe».
      l'avrebbe fatto ridere degli affamati peggio di Nerone e di Caligola? L'avrebbe fatto dileggiare chi soffre e convertire così il ministero di consolatore e padre dei miseri in quello di cinico feroce?


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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