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      Lo creda l'illustre Avvocato Capretti se vuole, ma io direi che non occorre poi un ingegno privilegiato per capire che in questi versi l'Arcivescovo di Parigi non dileggerebbe i sofferenti ma riderebbe a buon dritto del modo buffo col quale fu sciolta la dimostrazione; appunto come, nel terzetto incriminato, il mio Vescovo ride del modo buffo col quale si chetano i suoi dimostranti, cioè con una balorda ubriacatura di viva e di abbasso. Ed infine con qual diritto, con che ragione Monsignor Cantagalli si crede personificato in questi versi, come se fossero relativi ai tumulti di Faenza? Io non lo dissi; e non solo qui non c'è Monsignore, ma non c'è nemmeno allusione a quei fatti, in quanto che la condotta del Vescovo fu in quella occasione troppo diversa dalla qui accennata e i tumulti faentini non finirono con poche grida soltanto, come sanno tutti. Dunque niente «rido... degli affamati»; dunque niente atrocità, vergogna, cinismo, Nerone e Caligola, ma buon riso sano e sereno del saggio che considera l'inanità degli eventi umani e l'insipiente mutabilità delle turbe eccitate. Dunque niente ingiuria.
      E qui mi fermo davanti ad un punto interrogativo, poichè è proprio un punto interrogativo per me questa frase senza virgole dell'illustre Avvocato:
      «Dire a chi ha fame che per quietarlo gli si daranno degli evviva e degli abbasso è tale colmo di atroce ironia e tale cinismo feroce da bastare raccolto da gente ignorante e stretta dal bisogno a condurla ad eccessi gravissimi».
      Uno dei due; o io, o l'illustre Avvocato non si capisce niente.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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