Ma no; non confondiamo l'ufficio con la persona per mezzo di un agile gioco di parole. E si vegga. In queste pagine mi avviene di parlar troppo spesso dell'illustre Avvocato Capretti; lo faccio anzi parlare (vedi il sillogismo qui sopra) e gli rimprovero, ora la poca fedeltà delle sue citazioni, ora gli spropositi, volontari o no, nei quali è caduto. E che per ciò? Ledo io forse il decoro, l'onore, la reputazione della persona? Lo addito io al disprezzo pubblico come scostumato, falsatore, concubinario o peggio? Mai no! Io la persona nemmeno la conosco. Ne so il nome ed il cognome perchè sono in fondo ad una Memoria, ho una reminiscenza lontana del suono della sua voce perchè lo udii parlare ed interrompere in Tribunale, ma tutto il resto lo ignoro e non m'importa di saperlo. Parlo all'Avvocato e non al privato che amo credere buon marito, buon cittadino e pio cristiano. È l'errato esercizio di un ufficio, un fallace modo di ragionare in pubblico a danno altrui che io riprendo e non la persona, non il marito, non il cittadino, comunque si chiami, Pietro o Papiniano, Capretti o Beccaria. Certo, ripeto, io sapevo e so che il Vescovo di Faenza risponde al nome di Gioacchino Cantagalli e che quel numero del Lamone usciva nell'occasione del suo giubileo: ma la conclusione che si vuol trarre da queste premesse, l'identità cioè del tipo, della caricatura non offensiva del Pastore astratto che lieto di sè e delle opere sue gode meritamente il suo felice stato, l'identità colla persona viva, vera e designata, è erronea, anzi assurda.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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