Io scrissi un sonetto, o se si vuole il peggio, una satira impersonale e generica al momento in cui fu concepita, scritta ed inviata. Ma le circostanze che accompagnarono la sua pubblicazione, circostanze da me non volute, non preparate, non previste, fecero sì che, ad occhi sfavorevolmente prevenuti, il sonetto, o la satira, paressero personali, e specifici. Ed allora, per provare la mia reità si argomentò in modo che l'elemento intenzionale del reato non si desumesse più dalla prova diretta della volontà e della coscienza d'ingiuriare, ma dalla intenzione altrui e dal modo a me estraneo ed ignoto con cui questa intenzione si era manifestata. Ora io ho sempre detto che, qualunque sieno le mie simpatie, io del fatto altrui, giuridicamente non voglio, non posso, non debbo rispondere. Il senso comune ed il buon senso, per bocca del Giurisprudente sentenziarono già che nemo pro alieno facto tenetur. Dovrò dunque rispondere io? Solo il chiederlo mi pare irriverente e ne chieggo scusa alla Ecc.ma Corte.
Quando il sonetto uscì alla luce si poteva alzar le spalle e dire collo Sterne - «un uomo che ride non è mai pericoloso.» - Ma dopo la querela, l'uomo non ride più. Chi cominciò la lotta di persone non fui io, per quel che mi riguarda; mi ci hanno voluto? eccomi qua. E chiamato a rispondere io, proprio in persona, dovranno essermi interdette le personalità appunto quando l'illustre Avvocato Capretti mi getta ai piedi l'accusa che io vada «pretendendo poi all'impunità sotto il facile pretesto di avere, egli il poeta, che ingiuria chi non conosce, un più alto concetto dei doveri episcopali»?
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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Giurisprudente Ecc Corte Sterne Avvocato Capretti
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