Condanni l'ingiuriatore e non me.
IL PUBBLICO MINISTERO.
Si levò quindi il Pubblico Ministero.
L'avevo già udito nella discussione degli incidenti. Egli s'era opposto con larga preparazione giuridica alla instanza della Difesa tendente a far considerare il Vescovo come pubblico ufficiale e perciò costretto a concedere la facoltà delle prove. S'era opposto alla comparizione in giudizio del querelante che pure da una ordinanza del Presidente (ah, con che disinvoltura rimangiata!) era stata concessa. Anzi, mentre la Parte Civile (fondandosi sopra un certificato medico, il quale del resto non provava nulla) negava bensì la presenza del Vescovo in giudizio ma si acconciava alla sua audizione a Faenza, il Pubblico Ministero, ultra petita, non volle nemmen questo e ci si oppose con tale accanita negazione, con tale ostinata e voluta infrazione delle precise disposizioni della legge (Art. 289 del Cod. di Proc. Pen.) che non solo rese vana ed illusoria la difesa e le negò il suo sacro diritto, ma precluse ogni adito ad una possibile conciliazione, possibile tra le parti messe in presenza, ma non sperabile certo e mai tra i loro mandatari.
Che cosa dunque potessi aspettarmi, s'intende bene!
E infatti il Pubblico Ministero esordì invitando il Tribunale a non lasciarsi vincere da alcun senso d'indulgenza, ma ad applicare il summum jus ed a punire colla più rigida severità. Non disse il perchè volesse riserbata così la summa iniuria ai querelati, ma è da supporsi che la chiedesse per rispetto e venerazione intima dell'infula vescovile.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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