Il sonetto, preso a sè, come deve essere, non chiosato maliziosamente e velenosamente, non è nè offensivo, nè personale. Frà Paolo Sarpi diceva che il lettore non intende mai lo scritto nel senso dell'autore e il caso mio dimostra la verità della massima. Quante cose in quattordici versi! Quante e strane ce ne vide la Parte Civile! Quante e diverse ce ne vide il Pubblico Ministero e quante poi e non meno curiose, ce ne trovò la Sentenza! Io non avrei mai creduto che tante e così orrende cose potessero contenersi in così poche linee e che nell'animo mio si annidassero sentimenti così malvagi, anzi a dirittura cannibaleschi, poichè a mente dell'illustre Avvocato Capretti io avrei incitato la gente ignorante e stretta dal bisogno poco meno che all'assassinio di Monsignore! E allora, altro che ingiuria!....
Andiamo, egregio Nasi! Se il sonetto è in mala compagnia, la colpa non è di chi lo scrisse ignaro d'ogni circostanza. Se il sonetto fu scritto per un numero destinato a prendere in giro il Vescovo, non vuol dire che offenda la persona del Vescovo. Se m'informai, non ne consegue che l'informarsi avesse per fine di raccogliere armi per l'offesa, mentre anzi ebbe quello di schivare l'offesa. E poichè tanti hanno commentato quella mia povera cosa, si consenta anche a me, legittimo suo autore, di esporla come è e come deve essere, quando sia tolta dalla cornice che mio malgrado le mutò fisonomia. È un Vescovo che parla, sia pure nell'occasione del Giubileo del Cantagalli. È un Vescovo che può esser quel di Meldola o di Bagnacavallo o anche quel di Faenza (benchè ci somigli poco) senza offesa di nessuno.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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