E questo sarebbe Monsignor Cantagalli? Chi lo vede qui sotto le vesti del mio Prete Pero, può vantarsi di veder ciò che vuole! E il mio Vescovo tipo conclude, sempre nella sua pace beata, Io toso intanto ecc. riscuoto e faccio riscuotere le rendite della mia Chiesa, dovute dal mio gregge mansueto e grasso (e qui è la punta, non al Vescovo Pero, ma al gregge suo) di pecore, di becchi e di castrati. Qui la citazione e l'illustre Avvocato Capretti mi fermano: Alto là! Così si qualificano nel modo più ingiurioso e dileggiante i seguaci di Monsignor Cantagalli inducendo per conseguenza l'idea che il Vescovo abusi della ingenuità e della imbecillità altrui! Ed io rispondo: alto là, illustre Avvocato! Chi lo induce è Lei; chi dice abusi è Lei; chi sogna legami di conseguenza è Lei. Il mio Prete Pero usa e non abusa e se mette in canzonella il suo gregge, il gregge dovrebbe lagnarsene e non se ne lagna. O perchè vuol Ella, illustre Avvocato, impicciarsi negli affari (non di compra e vendita ben s'intende!) di chi non gliene conferì il mandato? E poi in tutto questo, staccato il sonetto dalla cornice che ignorai (Ignorantia facti excusat), dov'è il Vescovo di Faenza, dov'è Monsignor Cantagalli, dov'è la persona, dov'è l'offesa? Supposto anche che i miei versi siano satirici, la satira colpirebbe un tipo, un simbolo, un carattere e non una persona viva e determinata: colpirebbe il Vescovo Pero, non il Vescovo Cantagalli ed il fatto che quel sonetto fu scritto per quel numero del Giubileo non prova e non può provare che in quel numero non potesse aver luogo anche una caricatura, una satira di indole affatto generale.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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