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      La prima riga dell'opuscolo lo dice esplicitamente. In questo supposto dunque, mettendo le cose al peggio, mettendo come ammesso quel che era ancora da provare, abbozzavo l'exceptio veritatis, la fides veri, pur sostenendo, da un capo all'altro dell'opuscolo, che nel mio sonetto non c'era e non c'è ingiuria, nè diffamazione, nè offesa di sorta alcuna pel Vescovo. Questa è la ragione per cui, nella possibilità di simile accusa, nella necessità conseguente di dover rispondere sopra fatti determinati e precisi, volevo mostrare anticipatamente che su quei fatti determinati e precisi potevo anche rispondere, aggiungendo che la prova della loro verità non avrebbe potuto offendere la reputazione del Vescovo. E perciò si parlava appunto del Vescovo come tale, come pubblico ufficiale sindacabile e non mai come persona privata, e se ne parlava a dimostrazione che anche su questo campo mi sarei potuto difendere, per quanto dicessi al Giudice «vorrei vedere la quistione portata più in alto» e finissi col dire «Avrei provato tutto». Non era, non è, non fu ammissione di personalità, bensì indizio di una possibile produzione di prove nel caso che la personalità del sonetto fosse ammessa dal Giudice e nel caso che da ciò scaturisse l'imputazione di diffamazione; e in ogni caso poi, protesta convinta e sincera che, non solo manca l'animus iniuriandi, ma che l'ingiuria stessa non c'è.
      Poichè mi pare strana ed incivile la latitudine che si vorrebbe dare al reato d'ingiuria nell'essenza sua. L'illustre Avvocato Capretti citando amputata, secondo il solito, una frase del Frola, vuole che siano ingiurie pubbliche anche le caricature.


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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna
1908 pagine 487

   





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