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E che dire quando, tutte le volte che si tenta di uscire dalle picciolette formule, dalle bigotterie delle formalità, dalla superstizione della forma; quando si tenta di mostrare che la quistione agitata sorpassa l'interpretazione delle parole e delle intenzioni e sale fino alla lotta delle idee che affatica l'età presente; quando insomma si mostra che siamo in tema di morale sociale, di contese politiche, di idealità disinteressate, di passioni rispettabili e sacre, ci sentiamo col Dandin dei Plaideurs ripetere beffardamente
. . . . . il s'agit d'un chapon,
Et nos pas d'Aristote! . . . .
Che dire?
Ahimè, lo sappiamo bene che si tratta, se non di un cappone, di Gioacchino Cantagalli e non di Aristotile! Prima del Racine, che pur mette quelle parole in bocca al Dandin per farlo ridicolo, Marziale, il parassita di Domiziano, aveva espresso la stessa idea:
Non de vi, neque caede, nec venenoSed lis est mihi de tribus capellis ecc.
Per Marziale non si trattava di un cappone ma di tre capretti (non m'interrompa, illustre Avvocato; non si tratta di Lei), ma il richiamo alla forma (la fooòrme! dice Bridoison) è lo stesso e il Racine qui e altrove ha borseggiato Marziale. Rassegnamoci dunque. Sfondare le mura di Porta Pia, è diritto, è gloria: veder volentieri un Vescovo preso in giro perchè vuol ricostruire il vallo e rinchiudere quella breccia, è ingiuria, è delitto. Là dove spara il cannone, la politica assolve e santifica; qua dove la parola scotta, la procedura avvinghia e condanna. E la stessa scintilla accese i cannoni e la parola; ma là si trattava di Roma e qui.
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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