Rispettiamo dunque la scienza.
Anzi ammiriamone i risultati. L'antropologia criminale, una scienza quasi nuova, è arrivata a dedurre che gran parte, se non tutti, i birbanti sono tocchi nel cervello e che quindi sono in tutto o in parte irresponsabili. I psichiatri, che in lingua povera sono i medici dei matti, trovano ora che il genio e la follìa si danno la mano, che il poeta quando compone soggiace ad una iperemia del cervello, che Dante, Ariosto, Byron, Goethe e il resto erano mattoidi. La scienza ha dunque oramai trovato e provato che i soli veramente savi sono gli imbecilli. E a questa scoperta, che a dir vero era stata presentita da molti, mi sottoscrivo senza difficoltà.
La scienza, si sa, è diventata sperimentale. Osservati certi fenomeni naturali, li riproduce, quando può, coll'esperimento, li classifica e ne deduce leggi fisse. E questo va benissimo; ma nel lungo processo che passa tra l'osservazione del fenomeno e la deduzione della legge, quante mai non sono le cause d'errore? E quante mai non debbono essere le ripetizioni dell'osservazione prima di esser certi che la sintesi non sia errata? Non basta, perchè un matto, o venti, o cento matti, hanno un dato tic nervoso, dedurre che tutti quelli che hanno lo stesso tic sono tutti matti. Perchè il Coccapieller ripeteva tre o quattro volte una parola in una frase, non mi par giusto il concludere che la figura retorica della ripetizione sia un indizio di pazzia. Dante dice pure:
Per me si va nella città dolente,
Per me si va nell'eterno dolore,
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Brani di vita
di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)
Zanichelli Bologna 1908
pagine 487 |
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Dante Ariosto Byron Goethe Coccapieller
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