Considera, se si vinceva questa impresa, alla quale andasti con tanto ardore, e se l'aveva quella prosperità che da principio si credette, quanto era più quello che tu acquistavi di grandezza, di riputazione e di onore, che non è quello che tu hai perduto; e quanto è la diversità dall'uno all'altro, tanto ti paia che la fortuna t'abbia avuto di rispetto. E se el caso ha dato che la impresa sia perduta, il che potere accadere credo che considerassi da principio, e che con questo presupposito vi entrassi, ed el perdersi non poteva essere sanza tuo danno, hai più presto a restare obligato alla fortuna che abbia voluto el danno tuo essere piccolo, che a reputare per tua infelicità che si sia perduta quella impresa che non era tua, ma di tanti prìncipi, e dove tu non intervenivi per principale ma per instrumento, in modo che el vincersi o perdersi non aveva a dependere dalla buona o mala fortuna tua, ma dalla fortuna di papi, di imperadori, di re, e per dire meglio, del mondo, nel concorso e aggiramento della quale non è in considerazione la fortuna privata e di pari tuoi. Così non puoi dolerti di quello che è stato causa del male tuo, anzi debbi più presto ricognoscere che in tanta ruina, la quale non è nata per mala fortuna tua ma per infelicità di altri, tu abbia patito molto manco di quello che facilmente aresti potuto patire.
Considera quanto abbino sentito gli altri e quanto sia stato miserabile el caso di coloro che erano nel medesimo grado che tu apresso al medesimo principe, e che in questa faccenda ed impresa hanno avuto la medesima parte che tu; e di qui confessa che a comparazione loro el caso tuo è leggiere, poi che hai la persona salva, hai la libertà, hai le facultà integre e la conscienzia inlesa, e dell'onore non è in verità ed in sustanzia diminuito niente, se bene pare maculato qualche cosa nella opinione del volgo e degli ignoranti, ed è stato data occasione alla invidia di scoprire teco della sua malignità.
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