Credo questo, ma lo voglio porre da parte e non ci fare fondamento; perché, come ho detto, mi pare ragionevole che anche sanza questo ti debbi contentare, e che tantì libri che tu hai letti, tante ìstorie che tu hai scorse, tante faccende che tu hai maneggiate, t'abbino in modo ammaestrato e fatto lo animo sedato e pacifico, che la vita tua e' fini tuoi siano per pigliare pìù presto legge e regola dalla verità e ragione delle cose che dalle vane opinione degli uomini.
Io confesso essere molti che lodono lo ozio e la tranquillità, e se gli mostrano con le parole affezionatissimi, ma che in fatto pochissimi sono quelli che quando hanno occasione dì fare faccende con onore o con utile, non le abbraccino più volentìeri che el riposo; anzi si vede tuttodì che ancora quelli che si sono ridotti a vita appartata e quieta, quasi tutti malcontenti d'avere lasciate le faccende e la ambizione, subito che si rappresenti loro qualche spíraglio di grandezza, vi si gettano sanza vergogna alcuna di abbandonare la tanto lodata quiete. Donde è necessario concludere che questi tali si siano vòlti alla quiete non per amore di Dio, non per stanchezza delle cose del mondo e della fortuna, non per vera o ferma elezione, ma o per necessità o per sdegno o per pazzia; e nondímanco io lo dico di nuovo che a me pare che tu debba contentarti in questa vita, e se non piacerti più che l'altra, almanco non dispiacerti tanto che el trovarti escluso da quella t'abbía a parere infelicità o calamità. Perché el giudicio mio è che si debba non biasimare ma più presto favorire la ambizione di coloro che non avendo mai fatto faccende, desiderano di farne per avere occasione di mostrare lo ingegno, le virtù sua e le dote che gli ha dato la natura o che s'ha acquistato accidentalmente, parendo loro che se una volta non fanno questo, avere a passare la vita come persone inutili né nate per beneficio di altri che suo medesimo.
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Dio
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