Non hai dunche causa giusta di desiderare più le faccende per questo conto, anzi più tosto d'aborrirle per cavare dell'onde e della tempesta e conducere in porto ed assicurare la nave tua, carico di buono concetto e di laude rare degli uomini.
Per un'altra ragione è laudabilissimo el desiderio di travagliare, quando l'uomo cognoscendo le sue buone qualità, si persuade o per la condizione de' tempi che corrono o per altro rispetto, potere essere utile alla patria o agli altri, e mosso da bontà di natura desidera farlo; e questo non credo che ti cruci, perché quando bene tu presummessi di te più che degli altri, non è el vivere di Firenze di sorte che uno cittadino solo possi essere di momento grande alle cose; e pure quando questo fussi, assai hai satisfatto allo instinto che ti muove con lo essere disposto e parato a farlo quando n'abbia occasione o quando la patria ti ricerchi; né ti può dare dispiacere alcuno o molto leggiere o molto commune, se el non gli fare tu questo bene manca da lei o da quelli che sarebbono beneficati, che o non lo credono o non lo vogliono.
Può muovere chi desidera faccende un'altra ragione, la quale non è laudabile come le superiori, pure non è anche dannabile, e questo è lo appetito degli onori, non dico della buona fama, della buona opinione e della gloria di che è detto di sopra, ma di non avere passato la vita sanza magistrati grandi; né può cadere in te questo, perché n'hai avuti tanti e di tanta qualità ed in età giovane, che si può dire che sono forse centinaia di anni che della patria nostra non uscì cittadino più onorato di te.
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Firenze
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