Né ti tormenti d'avere perduto quello che ottenevi della Chiesa, perché erano cose aliene e che tu sapevi potere perdersi ogni dì; anzi t'hai da contentare e reputare guadagno che sono durate molto più e maggiore che ragionevolmente non sperasti da principio. Né ti paia essere infelice se ancora in Firenze sei alienato dalle faccende e dal governo, perché quando bene anche questo durassi continuamente, il che non è credibile, tu che sei vivuto in esse lungamente, ed a chi sono accadute molte cose prospere, sai che non vi è drento quel contento e satisfazione di animo che molti credono. N'hai cavato facultà tali che se Dio te le conserva, potrai vivere onestamente secondo el costume della tua patria, ed in esse hai guadagnato quello che era da stimare più di tutto, buono nome, buona fama e di integrità e di virtù, e memoria gloriosa di te.
Né questa ambizione di essere stimato ed onorato, e di essere tenuto di quelli che governano, è da stimare tanto, sendo piena di fatiche, di dispiaceri e di pericoli, che non sia da tenere molto più conto di quello riposo, di quello contento e sicurtà di animo che è nella tranquillità ed onesto ocio; massime che el tuo essendo accompagnato da lettere, da notizie di cose, da riputazione causata dalla buona opinione di te e dalla memoria delle cose fatte, sarà proprio ocio con degnità. E per questo e per parenti, ed altre buone qualità che hai nella patria, non sarà la vita tua abietta ed incognita, né al tutto sepulta o negletta; ma se non in azione, almanco in luce, in notizia ed in memoria degli uomini, non aliena da ogni conversazione civile, ma non obligata a faccende; la quale se ti dispiacerà, sarà a mio giudicio come di uno che liberato di servitù suspiri alla vita passata, il che non gli farà fare la ragione, ma l'abito che ha preso di servire.
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