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      Chi fu quello che el dì di san Marco ci tolse el nostro Palazzo? Chi fu quello che ci spogliò della recuperata libertà? O di da non se ne ricordare mai sanza pianto! O fatto da fame una memoria, uno esemplo che duri quanto dureranno le prietre e la memoria di questa città! O cittadino, se tu meriti questo nome, più detestabile, più pernizioso alla nostra republica che non fu mai né Alcibiade a Atene, né Silla o Cesare a Roma! Loro oppressono una libertà invecchiata e che moriva, tu opprimesti la nostra el dì medesimo che la nasceva e risuscitava; loro mossi da qualche ingiuria e da qualche pericolo e dagli sdegni che avevano con gli altri concorrenti loro, cercorono di farsi capi della loro città; tu non ingiuriato da nessuno, onorato e chiamato da tutti, vendesti per schiavi, rimettesti in servitù la patria, te ed ognuno; loro accompagnati da parte della città e da molti se bene cattivi cittadini, pure cittadini, oppressono l'altra; tu solo di tutta questa patria rimettesti el giogo in sul collo a ognuno.
      Non era uomo in questa città di ogni qualità ed età, che non fussi corso al Palazzo insino a' più stretti e più intrinsechi amici de' Medici, o non volendo discrepare da quello che facevano gli altri, o non avendo ardire di opporsegli; el sommo magistrato, del quale era capo tuo fratello co' modi legittimi ed ordinari della città gli aveva dichiarati rubelli; era una allegrezza di ognuno in se medesimo, una congratulazione fra tutti inestimabile; e' vecchi per smisurato gaudio piagnevano, e' giovani saltavano, nessuno capeva in se medesimo.


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Consolatoria, Accusatoria, Defensoria
di Francesco Guicciardini
pagine 130

   





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