Direno che proceda [da] imperizia dello accusatore? Non sarebbe forse maraviglia, perché altro è leggere Prisciano o Aristotele, altro è trattare una causa; ma non è questo, giudici, non è questo; perché ha pure imparato tanto che saprebbe pure governare in una causa in volgare; e quello che da se medesimo non avessi cognosciuto, crediate a me, non gli è mancato maestri, non gli è mancato con chi consultare, e di quegli della professione mia, e' quali io non nomino per avere più rispetto loro, che non hanno essi a me.
Non sono ancora in tanta compassione che manchi chi mi perseguiti; non manca chi, non saziato di vedermi afflitto nel conspetto degli uomini, di vedermi avere bisogno di coloro che solevano avere bisogno di me, desideri el sangue mio, desideri vedere l'ultima ruina mia, desideri vedermi esemplo di tutte le calamità e miserie. Misero a me, che ho io fatto loro? Non gli ho già mai offesi, non gli ho provocati; se è invidia, sono pure oramai ridotto in grado che doverrebbe succedere la compassione, e come è scambiata la fortuna mia, così doverrebbe essere scambiati gli affetti degli uomini verso di me. Ma la non va così: è in loro quella medesima sete di spegnermi e di estirparmi, che era già di abbassarmi; però non sono mancati allo accusatore né consigli, né ricordi, né suggestione.
Se potessino mostrare qualche spesa grossa fatta da me, che facessi fede al furto, crediate che a questa ora l'arebbono mostra; se altra coniettura, indizio o parola, non sono stati negligenti a cercarla, non sarebbono mancati di diligenzia a dedurla.
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Prisciano Aristotele
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