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      Se avessi creduto che io fussi udito, che e' giudici fussino disposti a procedere con la verità, non co' romori, che el popolo stessi attento, non pigliavi già tu questa fatica, non davi a me questa occasione di mostrare la innocenzia mia; ho obligo non già alla tua voluntà, ma alla tua o malignità o imprudenzia, perché non sì presto si cognosceva la verità e forse sempre nella opinione degli uomini restava qualche nota; dove ora essendo per opera tua condotto al paragone, ne uscirò più chiaro, più lucido che mai.
      S'ha adunche a vedere el conto a Alessandro e non a me. Ma io voglio essere d'accordo con lo accusatore; voglio satisfarlo in ogni cosa; arò contento che el conto de' danari spesi ne' soldati si vegga così a me come a lui, essere obligato se si truova che siano stati rubati; se si vede fraude, non si cerchi chi l'ha fatta, ma si dica che io l'ho fatta io. Vedete e' libri come si sono tenuti, con che riscontri di tempi, con che ordine; avete udito quanto ieri Alessandro giustificò bene ogni cosa: produsse e' libri delle rassegne, mostrò le ricevute de' capitani, le fede che nuovamente ha avuto di tanti signori, de' quali ognuno direbbe più volentieri di restare creditore, che di essere pagato. Che dubio resta qui, che disputa? Io affermo arditamente che qui non è furto; ho veduto tutte queste cose, e perché so di più che se le paghe non fussino state date a' tempi che Alessandro scrive, che arei sentito el romore de' soldati: sarebbono venuti a querelarsi a me, a fare instanzia che io provvedessi; non ho sentito alcuna di queste cose, ho veduto el più delle volte fare le rassegne io.


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Consolatoria, Accusatoria, Defensoria
di Francesco Guicciardini
pagine 130

   





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