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      E certo, se noi potessimo stare in pace, a me piacerebbe sopra ogni cosa; ma a giudicio mio abbiamo a avere guerra, ed è officio di savi non si lasciare tanto ingannare dalla dolcezza della pace presente, che non consideriamo e' pericoli imminenti ed el carico ed infamia che ci risulterá apresso a tutto el mondo, che per non avere saputo bene discorrere permettiamo che altri si faccia gagliardo, a offesa nostra, di quelle arme che ci erano offerte a nostra sicurtá ed augumento; massime che, sendo noto a ognuno le pratiche che a danno nostro hanno tenuto questi re, non potreno essere imputati di mancare di fede a' franzesi, se ci armereno contro a chi ci ha voluto ingannare. Però sendo in queste necessitá debbiamo pensare quanto sia differenzia grande a muovere la guerra a altri, o aspettare che la sia mossa a noi; trattare di dividere lo stato di altri, o aspettare che sia diviso el nostro; essere accompagnati contra uno solo, o soli contro a molti compagni; perché se si fa unione tra costoro, vi concorrerá el papa per le terre di Romagna, el re di Spagna per e' porti del reame, e tutta Italia, chi per recuperare, chi per assicurarsi. In effetto io desidero la pace, ma credo che abbiamo a avere la guerra, e però desidero piú presto una guerra onorevole, sicura ed utile, che vergognosa, pericolosissima e dannosissima; e consiglio el collegarsi col re de' romani. Dio feliciti quello che voi deliberrete.
     
     
     
      II
     
      [SULLO STESSO ARGOMENTO.]
     
      IN CONTRARIO PER LA OPINIONE NEGATIVA CHE PREVALSE.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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