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      Non leva adunche lo accordo nostro la via a' franzesi di venire in Italia, se giá noi per non osservare la fede e le capitulazione recusassimo di unirsi con loro; sopra che non è al presente tempo di disputare, né di mettere sanza proposito in compromesso la fede publica, perché io sempre conforterei a osservare gli accordi quando non sono fatti per timore e per forza, perché in tale caso obligano piú presto la parola che la voluntá, e quando la ambizione ed andamenti di coloro con chi l'uomo ha capitulato, non si vedessino tali che ci dessino dottrina come ci avessimo a governare.
      Considero piú oltre che tre cose sono di che abbiamo di temere: la guerra di presente, cioè in tempo che e' franzesi siano ancora attaccati alle speranze della pace, perché mentre che loro sono in questa pazzia, non possiamo sperare di loro che sono abagliati da questa speranza, né del papa ed altri di Italia che stanno irresoluti per el timore che la pace non séguiti, e di non patire da tutt'a dua; abbiamo da temere come gli altri della pace di questi re, che, seguendo, sará con espressi capituli a danno nostro; ed in ultimo che, non seguendo lo accordo tra loro, lo imperadore o passato che sará in Italia, o ingagliardite e fondate bene per altra via le cose sue, non ci rompa guerra; ne' quali pericoli tutti, se io non mi inganno, abbiamo piú disavantaggio non accordando che accordando. Perché quanto alla guerra di presente, ed in tempo che e' franzesi ancora pendono dalle speranze della pace, lo accordarci ce ne libera, che sanza dubio la manderá tanto oltre che loro saranno certificati; non accordando, abbiamo da temerla, come ne veggiamo le demostrazione, di che parlerò di sotto.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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