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      Ora che la infermitá è quasi incurabile, e che allo imperadore si è fatto toccare con mano, che non solo si impedirebbono volentieri e' suoi progressi, ma cercato di tôrgli el regno di Napoli, e che quanto le piaghe sono maggiori tanto piú bisognerebbe medico pesato e piú provata medicina, si cerca curare gli errori fatti con errori nuovi e piú perniziosi che e' primi, e precipitare deliberazioni importantissime in sulla necessitá, la quale loro medesimi hanno procurata co' suoi perversi consigli, non allegando ragione ma desperazione, e chiamando animo e virilitá quello che procede da somma viltá e timiditá. Io, Padre Beatissimo, poi che la Santitá Vostra vuole che io parti, non veggo che, se la piglia le arme, la possa avere alcuna speranza verisimile della vittoria; né mi diffido che, se la vuole, tagliate una volta veramente tutte le pratiche contro a Cesare, avere buona intelligenzia seco, che la non possa trovare luogo assai conveniente secondo la condizione de' tempi; e mi ingegnerò giustificare l'una cosa e l'altra.
      Io credo che chi vuole fare giudicio chi abbia a avere vittoria di una guerra, la prima considerazione che fará, sará circa lo esercito, quale sia migliore, cioè dove sia migliori capitani e migliore gente; il che in questo caso è sí manifesto che non può essere piú. E' capitani cesarei sono oramai capitani vecchi, astuti, esperti, pieni di riputazione, della virtú de' quali non bisogna fare altro testimonio che le opere che hanno fatto, e le vittorie tante che hanno avuto con animo e con industria, in modo che la condizione loro non si può revocare in dubio; la gente anche lei è ottima, el nervo della quale è spagnuoli e tedeschi, nazione l'una e l'altra gagliarda ed animosa; gli spagnuoli di piú agilissimi e pieni di industria; e' tedeschi confidenti nella sua ordinanza, sono soldati avezzi in su queste guerre di Italia ed usi a vincere, cognosciuti da' loro capitani, e loro gli cognoscono; desiderosi, e che tengono conto quanto dire si può di questa gloria ed onore militare, devoti al principe suo, al quale reputano capitale non piccolo el satisfare, e da altro canto perdita equale el mancargli; sperano della vittoria avere Italia in preda; nel succumbere non solo perdere quello che posseggono ed el luogo grande che cognoscono avere in questa provincia, ma ancora mettere in pericolo la vita.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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