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      E lasciate da canto le ragione generale che sono: che gli effetti delle guerre sono dubii; che spesso la vittoria è da chi pareva inferiore; che molte volte uno piccolo accidente, uno piccolo caso fa variazione ed effetti di momento grandissimo; che nessuno ha la fortuna in potestá, e che chi la ha avuto lungamente propizia e serena, non solo non si può promettere che l'abbia a continuare, ma ancora ha da temere piú che gli altri della mutazione di quella, e tanto piú quanto piú eccessivamente è stata favorevole, perché el solito suo è sempre stato ed è e sará di essere incerta, inconstante ed instabile; lasciate, dico, da canto queste ragione generale ed altre simili che si possono allegare, io confesso che gli inimici hanno buoni capi e buona gente, ma non però tali che si debbino temere tanto che si abbia a abbandonare loro lo imperio del mondo sanza opporsegli. Non sono altro che uomini; e chi considera e' loro progressi diligentemente, cognoscerá che hanno vinto piú forse per mala fortuna ed imprudenzia degli inimici che per propria virtú; e se per virtú, non è però stata sí rara e sí mirabile che gli altri abbino a disperarsi di potervi aggiugnere. Le pruove loro sono state fatte in Italia non con altri che contro a' franzesi, la imprudenzia de' quali, el disordine e la impazienzia è sí nota, che è superfluo el parlarne; e manco è maraviglia che siano stati vinti, perché tutto consiste in sapere sostenere quello loro furioso ed inconsulto impeto, nel principio del quale non sono giá piú che uomini, ma doppo quello sono forse manco che donne.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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