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      XVI
     
      [RAGIONI CHE CONSIGLIANO LA SIGNORIA DI FIRENZEAD ACCORDARSI CON CLEMENTE VII.]
     
      Io sono certissimo che se le Signorie Vostre fussino state capace della ottima mente che ha la Santitá di Nostro Signore verso questa nobilissima cittá, e quanto dispiacere abbi avuto ed abbia de' danni che quella ha sopportato e sopporta, e de' pericoli gravissimi in che al presente si truova, che tra Sua Santitá e Vostre Signorie non sarebbono mai state né sarebbono di presente alcune difficultá, anzi che Vostre Signorie arebbono avuto ricorso in ogni occasione a Sua Santitá come a vero e amorevolissimo padre, e quella, come è stato sempre l'animo suo, arebbe atteso a beneficare ed esaltare questa sua dilettissima patria. Ma la mala fortuna dell'uno e dell'altro ha voluto che in questa cittá doppo la mutazione dello stato si sia sempre avuta sinistra opinione dell'animo di Sua Santitá, nonostante che quella abbia fatto ogni diligenzia di fare cognoscere la veritá; che è stato el principio donde sono nati tanti mali da' quali è ora oppressa questa infelice patria. E certo se Vostre Signorie vorranno sanza passione considerare le cose passate, confesseranno avere dato a Sua Santitá molte cagione di sdegnarsi contro a questa cittá. Lasciamo andare le ingiurie fattegli immediate doppo la mutazione dello stato, come fu guastare le immagine che erano nella chiesa della Nunziata, in che certo si doveva pure almanco avere rispetto e riverenzia a quella gloriosa Madre; come fu el levare le arme de' Medici non solo de' luoghi publici ma ancora degli edifici che loro avevano edificati del suo proprio; e molte altre indegnitá di parole, le quali si possono forse in qualche parte scusare per la caldezza in che erano gli uomini in sulla mutazione dello stato, ancora che non fussi stato mutato per forza e con arme, ma ceduto volontariamente da' ministri di Sua Santitá.


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Discorsi politici
di Francesco Guicciardini
pagine 167

   





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