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      19. El popolo di Firenze è communemente povero, e per la qualitá del vivere nostro ognuno desidera assai le ricchezze; però è male capace di sostenere la libertá della cittá, perché questo appetito gli fa seguitare l'utile suo privato sanza rispetto o considerazione alcuna della gloria e onore publico.
     
      20. La calcina con che si murano gli stati de' tiranni è el sangue de' cittadini; però doverebbe sforzarsi ognuno che nella cittá sua non s'avessino a murare tali palazzi.
     
      21. E' cittadini che vivono nelle repubbliche, quando la cittá ha uno stato tollerabile benché con qualche difetto, non cerchino mutarlo per averne uno migliore, perché quasi sempre si peggiora; non essendo in potestá di chi lo muta fare che el governo nuovo sia apunto secondo el disegno e pensiero suo.
     
      22. La piú parte de' mali che fanno e grandi nelle cittá nasce da sospetto; però quando uno è fatto grande, la cittá non ha da avere obligo a chi gli tenta contro cose nuove sanza buone occasione, perché si accresce el sospetto, e da quello e mali della tirannide.
     
      23. La malignitá ne' poveri può facilmente procedere per accidente, ne' ricchi è piú spesso per natura; però ordinariamente è da biasimare piú in uno ricco che in uno povero.
     
      24. Chi o principe o privato vuole persuadere a uno altro el falso per mezzo di uno suo imbasciatore, o di altri, debbe prima ingannare lo imbasciatore; perché opera e parla con piú efficacia, credendo che cosí sia la mente del suo principe, che non farebbe, se sapessi essere simulazione.


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Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100

   





Firenze