135. Mi paiono pazzi questi frati che prèdicono la predestinazione e gli articuli difficili della fede; perché meglio è non dare causa a' populi di pensare alle cose di che difficilmente si fanno capaci, che destare loro nella mente dubitazione, per aversi a riducere a fargli acquietare con dire: cosí dice la fede nostra, cosí bisogna credere.
136. Ancora che uno sia buono cittadino e non usurpatore, tamen intrinsicandosi in Firenze con uno stato come è questo de' Medici, viene in mala opinione e in mala grazia apresso al popolo, la quale è da fuggire quanto si può, per tutti e' casi che possono occorrere. Ma dico, che per questo non ti debbi ritirare e perdere e' beni che ti darebbe questo intrinsicarsi; perché ogni volta che tu non acquisti nome di rapace, o che non offendi qualche particulare di importanza o molti, mutato che sia poi lo stato e levatosi el popolo d'addosso quella causa che ti faceva esoso, gli altri carichi si purgano, e la mala grazia alla fine passa, né resti in quella ruina o depressione di che prima dubitavi. Pure sono cose che pesano, e anche qualche volta ingannano, né si può negare che almanco non si perda di quello fiore, che si conserva chi giuoca piú largo.
137. Io ve lo dico di nuovo; e' padroni fanno poco conto de' servitori e per ogni suo interesse gli strascinerebbono sanza rispetto; però sono savi e' servitori che fanno el medesimo verso e' padroni, non faccendo però cosa che sia contro alla fede e all'onore.
138. Chi si cognosce avere buona fortuna, può tentare le imprese con maggiore animo; ma è da avvertire che la fortuna non solo può essere varia di tempo in tempo, ma ancora in uno tempo medesimo può essere varia nelle cose; perché chi osserva, vedrá qualche volta uno medesimo essere fortunato in una spezie di cose e in un'altra essere infortunato.
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Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100 |
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Firenze Medici
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