Bisognerebbe avere una cittá condizionata come era loro, e poi governarsi secondo quello esemplo; el quale a chi ha le qualitá disproporzionate è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi el corso di uno cavallo.
111. E' vulgari riprendono e' iurisconsulti per la varietá delle opinione che sono tra loro, e non considerano che la non procede da difetto degli uomini, ma dalla natura della cosa in sé; la quale non sendo possibile che abbia compreso con regole generali tutti e' casi particulari, spesso e' casi non si truovano decisi appunto dalla legge, ma bisogna conietturarli con le opinione degli uomini, le quali non sono tutte a uno modo. Vediamo el medesimo ne' medici, ne' filosofi, ne' giudici mercantili, ne' discorsi di quelli che governano lo stato, tra' quali non è manco varietá di giudicio che sia tra' legisti.
112. Diceva messer Antonio da Venafra, e dice bene: metti sei o otto savi insieme, diventano tanti pazzi; perché non si accordando mettono le cose piú presto in disputa che in resoluzione.
113. Erra chi crede che la legge rimetta mai cosa alcuna in arbitrio, cioè in libera voluntá del giudice, perché la non lo fa mai padrone di dare e tôrre; ma perché sono alcuni casi che è stato impossibile che la legge determini con regola certa, gli rimette in arbitrio del giudice; cioè che el giudice, considerate le circunstanzie e qualitá tutte del caso, ne determini quello che gli pare secondo la sinderesi e conscienzia sua. Di che nasce che benché el giudice non possa della sentenzia sua starne a sindacato degli uomini, ne ha a stare a sindacato di Dio, el quale cognosce se gli ha o giudicato o donato.
| |
Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100 |
|
|
Antonio Venafra Dio
|