166. Non pensate che chi assalta altri, verbigrazia chi si accampa a una terra, possi prevedere tutte le difese che fará lo inimico; perché per natura allo attore che è perito, occorrono e' rimedi ordinari che fará el reo; ma el pericolo e la necessitá in che è quello altro gli fa trovare degli estraordinari quali è impossibile che pensi chi non è nel termine di quella necessitá.
167. Non credo sia piggiore cosa la mondo che la leggerezza, perché gli uomini leggieri sono instrumenti atti a pigliare ogni partito per tristo, pericoloso e pernizioso che sia; però fuggitegli come el fuoco.
168. Che mi rilieva me, che colui che mi offende lo facci per ignoranzia e non per malignitá? Anzi, è spesso molto peggio, perché la malignitá ha e' fini suoi determinati e procede con le sue regole, e però non sempre offende quanto può; ma la ignoranzia non avendo né fine, né regola, né misura, procede furiosamente e dá mazzate da ciechi.
169. Abbiate per una massima, che o in cittá libera o in governo stretto, o sotto uno principe che voi siete, è impossibile coloriate tutti e' vostri disegni; però quando qualcuno ve ne manca, non vi adirate, non cominciate a volere rompere, pure che abbiate tale parte che dobbiate contentarvi; altrimenti faccendo, sturbate voi medesimi e qualche volta la cittá, ed alla fine vi trovate avere quasi sempre peggiorato le vostre condizione.
170. Grande sorte è quella de' principi, che e' carichi che meritano essere suoi, facilmente scaricano addosso a altri, perché pare che quasi sempre intervenga che gli errori e le offese che loro fanno, ancora che naschino da loro propri, siano attribuiti a consiglio o istigazione di chi è loro apresso.
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Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100 |
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